domenica 5 dicembre 2010

Frullato arance-pera-banana




Non so perche’ ma non ci avevo mai pensato prima. Davvero. Se dovevo fare un frullato, la base era il latte o il gelato e poi aggiungevo la frutta. Un milkshake insomma.
Poi ci hanno pensato tutti e l’idea ha dilagato. Non so se la prima ad iniziare sia stata la Mulino Bianco ma una cosa e’ certa: vi sfido a trovare un solo supermercato che ora non abbia uno stand o una porzione del banco frigo pieno di "frullati-tutta-frutta". Biologico o non biologico, per tutti i gusti del palato e dell’occhio con l’attuale parola d’ordine nel concetto e nel packaging che suggerisce: cosi’ naturale che potrei mangiarmi pure il contenitore.



Pero’, insomma, l’idea e’ buona. E semplice, il che la rende ancora piu’ buona. Il punto e’ che e’ talmente semplice che...perche’ non farli in casa?
Basta frullare, eventualmente spremere qualcosa, frutta succosa e corposa nelle giuste proporzioni e voila’, il frullato e’ pronto.

E poi adesso sta iniziando il periodo delle arance che, gastrite e dentista permettendo, fanno da ottima base. Senza neppure bisogno di aggiungere zucchero perche’ se doveste trovarle un po’ troppo acerbe, sara’ sufficiente accoppiarle con dei frutti zuccherini che le ammorbidiranno il tanto che basta. Come nel caso di questo mio primo frullato-tutta-frutta (e di stagione) garantito al cento per cento anche per quelli a cui l’aspro delle arance proprio non sconfinfera.

Inoltre e’ talmente facile da preparare e bello da vedere che vi verra’ subito la voglia!



Piuttosto, dopo aver letto dei succhi di frutta homemade preparati da Anice&Cannella sto meditando da qualche giorno sul provare a pastorizzarli; ossia, sterilizzare prima i barattoli previa bollitura e asciugatura in forno a 150 gradi, riempirli e farli bollire di nuovo insieme al contenuto.
Certo la cosa migliore rimane quella di farli e berli sul momento ma e’ senz’altro comodo averne di gia’ pronti da prendere al volo e portare a lavoro, a scuola o per il dopo sport.
Considerate pero’ che l’assenza di zucchero aggiunto che, oltre a dolcificare, funge da conservante, ne limitera’ la durata nonostante la pastorizzazione.
Appena provero’ e testero’ i tempi, vi faro’ sapere.




Per poco piu’ di un litro di frullato
(i frutti in questione si intendono di misure medie)

  • 4 arance
  • 1 pera matura al punto giusto (e cioe’ ne’ troppo dura ne’ che si scioglie in mano)
  • 1 banana

Spremete le arance o, se preferite, pelatele al vivo e usatene la polpa per intero privata dei semi, e frullate insieme alla pera e alla banana tagliate a tocchi fino a che il tutto non sara’ diventato denso e liscio.

Tutto qui.

giovedì 25 novembre 2010

Minestra di cavolo cinese





Se questo mio povero blog stenta un poco a partire, lo stesso non vale per le zuppe e minestre che con l’arrivo del freddo e le piogge, stanno andando avanti a pieno regime. Complice certamente anche la vasta scelta di verdure di questa stagione, tutte, chi piu’ chi meno, perfette per essere convertite in piatti caldi e “al cucchiaio”.


Tendo generalmente a variare di frequente le verdure che uso e gli accostamenti, un po’ per umore del palato, un po’ per colore ( fatta eccezione per la Ribollita di cui postero’ prestissimo la ricetta e che, per viscerale passione di A., spicca con impressionante incidenza...) e proprio durante una della mie ricognizioni nel reparto di frutta e verdure son finita a interrogarmi insieme a una signora che non si dava pace per l’assenza dei broccoli, sulla natura di quella verdura anomala che ci stava davanti. A meta’ strada tra un cavolo e una lattuga romana, il cartellino del prezzo ha poi svelato l’arcano: trattavasi infatti di cavolo cinese altrimenti chiamato cavolo di Pechino che mai avevo acquistato o notato prima.






Quel giorno pero’ e’ tornato a casa con me e, dopo aver spippolato un po’ su internet carpendo qualche veloce informazione dalla scheda che gli ha dedicato Giallo Zafferano, ho deciso che mangiarlo crudo sarebbe stata una maniera un po’ indiscreta per cominciare la nostra amicizia; meglio optare per una cottura e che fosse “in compagnia”...









Il risultato e’ stato questa minestra (si’, non c’e’ ne’ pasta ne’ riso di mezzo ma chiamarlo “zuppa” mi sembrava un po’ impegnativo), buona e garbata; non so se il pepe nero sia il profumo piu’ indicato al caso ma mi pare le doni quell’improvvisa nota piu’ secca e decisa per rafforzarne un pelino il carattere.


Beh, mi farete sapere.






Per 2 persone (abbondante)



  • 500g di cavolo cinese
  • 150 g di bietola
  • 1 cipolla
  • 1 porro
  • 1 carota
  • 1 costa di sedano
  • 1 patata
  • 1 spicchio d'aglio
  • brodo vegetale
  • una manciata di prezzemolo
  • olio extravergine d'oliva
  • sale e pepe nero


Lavate e mondate con cura le verdure quindi tritate finemente l’aglio e il prezzemolo e un po’ meno finemente la cipolla e la carota; dividete in tocchetti sottili la patata e affettate sottilmente pure il porro cosi’ come le coste del cavolo nero e della bietola che avrete separato dalle foglie.
Riunite il tutto in un capiente tegame (o una pentola a pressione da 4 litri) e fate soffriggere brevemente in poco olio extravergine d’oliva.
Aggiungete ora anche le foglie del cavolo nero e della bietola affettate in strisce non troppo sottili, coprite a filo col brodo vegetale e fate cuocere su fuoco dolce aggiungendo dell’altro brodo nel caso asciugasse troppo. Se usate invece la pentola a pressione, dopo aver unito il brodo (ce ne vorranno circa 200 ml), chiudete col coperchio e fate cuocere per 15 minuti da quando comincera’ a “spifferare”, spegnete il fuoco e aspettate altri 5 minuti prima di aprire.
Frullate ora col minipimmer ⅓ delle verdure (fate a occhio e secondo i vostri gusti) in modo da ispessire un poco il brodo. Salate, pepate e servite caldo caldo a piacere con qualche crostino di pane tostato e un giro d’olio extravergine.



domenica 31 ottobre 2010

Chi non muore si rilegge

Lo so, e’ passato tanto tempo.
Ma visto che continuavo a ripetermi che una volta o l’altra volevo pur ricominciare, mi son detta perche’ non oggi? Quale occasione migliore per riesumare ( e’ proprio il caso di dirlo...) questo mio povero blog e dare una spolverata a tutte le ricette e i progetti che avevo in mente di fare e che sono invece finiti nell’ultimo dei cassetti a coprirsi di polvere e ragnatele?
E dunque eccomi qui a far riandare qualche cardine cigolante e scovando in soffitta qualche appunto che mi suona sinistro, non ricordando ormai neppure perche’ lo avessi preso...


Ma ho tempo. E nulla di meglio da fare; e’ un Halloween tutto casalingo questo, con tanto di pioggia fuori dalla finestra e nessuna festa horror-fashion cui andare.


Dunque, saltato anche il te’ delle 5 alla teeria perche’ di guadare i torrenti che si formano qui in centro con la pioggia chi ne poteva piu’, con A. ci siamo dati alle decorazioni home made. Pipistrelli, ghirlandine e streghe bubbose di cartoncino per entrare nello spirito giusto e la tradizionale zucca intagliata che abbiamo deposto sul davanzale della finestra e che continuo a sbirciare con apprensione temendo un diffondersi d’incendio.
Confido poi in un film horror vecchia maniera e in una pizza che sta lievitando or ora in forno per finire al meglio la serata.
Piccole cose insomma ma e’ bene riniziare gradualmente.





Intanto auguro un tenebroso e agghiacciante Halloween a tutti, spiritelli e non.

mercoledì 3 febbraio 2010

Cous Cous ai cavoletti di Bruxelles e mandorle tostate





Ero indecisa se inserire questa ricetta in Ricette al volo tanto e' semplice e pratica da preparare.
Anche perché, specie nei casi di estrema premura, non disdegno un brodino di dadi da sostituirsi a quello tradizionale per la cottura lampo del cous cous.
E' un piatto buono e leggero, compatibilimente con il gradimento per i cavoletti di Bruxelles, naturalmente...
Che poi trovo un pochino bistrattati. Sara' forse una mia impressione ma se c'e' una verdura che nei telefilm (americani, naturalmente; in quelli italiani, fatta eccezione per Montalbano, non si mangia) fa rizzare il pelo a grandi e piccini e' proprio il cavoletto di Bruxelles. E sempre a lui, lo ammetto, associo ogni volta una massima che avevo letto una volta su un bicchiere della Starbucks secondo il quale la ragione per cui e' d'obbligo per i più piccoli mangiare le loro verdure a tavola, altro non e' se il metaforico insegnamento che nella vita non tutto ciò che fa bene e' anche piacevole...
Associazione ingiusta, ripeto.
Per quel che mi riguarda, per quanto li gradisca molto per accompagnare del cous cous, appunto, o un risotto o una portata di carne alla griglia, ammetto che faccio discretamente fatica a buttarli giù "lisci"...Quel saporino amarognolo che tanto mi piace nel mucchio, tanto mi stufa a ripetizione. Insomma, per me niente insalatina di cavoletti per intenderci.


Approfitto invece dell'aspetto vagamente esotico che ispirano sempre i piatti a base di cous cous, per segnalare l'apertura del 20 del mese scorso del portale de Le Storie di Altro.
Dalla sua ideatrice, Marina Ferrara, da cui mi e' stato gentilmente offerto di prestare alcune delle mie foto per la sezione legata all'alimentazione, la volonta' di creare un "portale per una vita alternativa"a 360 gradi. Articolato, infatti, nelle tre sezioni principali: Altra cultura, Altro stile di vita e Altra alimentazione, Le Storie di Altro si definisce animalista, ambientalista, ecologista, multietnico, e viaggiatore, proponendo approfondimenti su argomenti di carattere sociale e culturale strettamente legati al sostenibile, svariate sezioni dedicate all'alimentazione tra vegetarismo, rito del te' e il ricettario di nonna Minu' e numerose rubriche ricche di spunti e consigli per condurre uno stile di vita approntato alla consapevolezza e al rispetto dell'Altro.


Perché se come sempre sono convinta che l'equilibrio stia nel mezzo, vero e' che il mezzo ha bisogno di essere ben calibrato.




(per 3-4 persone)


  • 350 g di cavoletti di Bruxelles
  • 1 spicchio d'aglio
  • 70g di mandorle
  • olio extra-vergine di oliva
  • sale
  • 120 g di cous cous
  • 220 ml di brodo vegetale




Mondate e lavate con cura i cavoletti di Bruxelles. Divideteli quindi in quattro o più parti e lessateli in acqua leggermente salata o, meglio, al vapore.
Fate soffriggere appena l'aglio tritato nell'olio d'oliva e unite quindi i cavoletti lessati, facendoli saltare per alcuni minuti.
Disponete quindi il cous cous in un ampio recipiente, copritelo col brodo bollente e, coprendolo con un coperchio, fate cuocere per circa 5 minuti.
Tritate intanto le mandorle e tostatele appena in padella perché sprigionino tutto il loro profumo.
Con una forchetta dividete con cura il cous cous e unitevi quindi i cavoletti e le mandorle tostate.
A finire un filo d'olio crudo.


Suggerimento: perché il cous cous non si appiccichi eccessivamente durante la cottura, aggiungete mescolando un cucchiaio d'olio d'oliva prima di unirvi il brodo.

mercoledì 27 gennaio 2010

Crepes dolci con Lele Luzzati





Non e' trascorso molto tempo dal rientro qui a casa ma tanto e' bastato per far rientrare tutto nel solito tram tram quotidiano. E non lo dico con accezione negativa. In fondo, di tanto in tanto, specie dopo essere stata via cosi' a lungo, mi fa piacere riprendere le piccole abitudini, ritrovare tutti gli oggetti cosi' familiari al loro solito posto di sempre.
Ed era anche ora di un nuovo post; una bella spolverata dalle briciole dei saccottini agli spinaci che, buoni si ma come ha detto Massi, cominciano a sapere di stantio, e via, ricomincio da qui, anzi dal week end.

Non che mi possa lamentare del tempo in genere che, tra uno spostamento e l'altro, ho trovato quest'inverno (credo di aver usato il cappotto una decina di volte in tutto) ma sabato era davvero una gran bella giornata col suo sole giallo smaltato e l'aria limpida e frizzantina. Cosi' con A. abbiamo approfittato per fare una bella passeggiata mattutina e presi com'eravamo da tutta la serie di ragionamenti sconclusionati del fine settimana, dopo lungo, lunghissimo peregrinare, siamo approdati di fronte al Palazzo Lanfranchi su cui capeggiava lo striscione della mostra "Lele Luzzati atto III - un mondo di fiaba" ed e' stato veramente un felicissimo caso!





Per più di 60 anni, Emanuele Luzzati, e' stato uno straordinario narratore figurativo.
Nato a Genova nel 1921 ha cominciato a dedicarsi a quella che sarebbe stata una lunga, proficua e vivacissima attività artistica a Losanna, dove e' stato costretto a rifugiarsi a causa delle leggi razziali promulgate allora in Italia. E' stato pittore, illustratore, scenografo, ceramista e decoratore, a riprova di quanto intenso e divertito fosse il piacere di raccontare attraverso la figura, attingendo a qualsiasi tecnica e materiale, ricco o povero che fosse, che trovava a disposizione.
Ho trovato un gusto tutto particolare nell'osservare come nelle sue tavole si animino, su sfondi coloratissimi e ruvidi di pastelli a cera, personaggi cosi' vivaci e birichini che i colori riescono a stento a star dentro ai contorni disegnati a china o matita o pennarello e pezzi di cartaccia marrone e fibrosa piuttosto che damascata a motivi d'oro, diventino, di volta in volta, barchette, tegami, carretti trainati da scalmanati cavallini al galoppo, coperte per i lettini di piccoli Pulcinella in festa o ricchi abiti per paffute principesse dalle guance di mela.

Insomma se vi capita di essere in zona, fate un pensiero sul prendervi un momento per visitare questa mostra. Nulla importa se conoscete o meno Luzzati o se sapete quante scenografie ha realizzato, quanti libri illustrato o quante fiabe inventato.
Tanto appena sarete circondati dai suoi disegni, scivolerete, che lo vogliate o no, nella sua irresistibile atmosfera gioconda, vi affezionerete all'istante del suo irriverente Pulcinella e ritroverete intatto tutto l'affetto per quei vecchi compagni di gioco e d'avventura che conoscevate cosi' bene da bambini.





Con A. ne siamo usciti felici come due fringuelli. Trotterellando siamo tornati a casa ma era troppo tardi perché avesse senso preparare il pranzo.
Cosi' abbiamo scelto di fare merenda con delle crepes dolci alle strepitose marmellate di Luciana: more-senza-semini e mela-fichi-pinoli.

Felicita'







  • 130 g di farina
  • 2 uova
  • 30 g di burro
  • 2 cucchiai di brandy
  • un pizzico di sale
  • latte q.b.
  • poco burro per la padella


Amalgamate insieme la farina, le uova intere, il burro ammorbidito, il brandy e il pizzico di sale, dopodiché, sempre mescolando, aggiungete poco a poco tanto latte quanto basta per raggiungere una consistenza appena più densa di quella del burro fuso.
Fate quindi riposare l'impasto per circa mezz'ora in frigo.
Scaldare sul fuoco una padella di cui avrete imburrato appena il fondo; quindi versateci poco più di mezzo mestolo di impasto avendo cura di stenderlo su tutto il fondo inclinando la padella o aiutandovi con il fondo di un cucchiaio o dello stesso mestolo.
Lasciate cuocere per qualche minuto finché il lato della crepe si sia dorato, quindi girate e fate cuocere sull'altro.
Imburrate nuovamente la padella prima di cuocere ogni nuova crepe. Potete altrimenti usare una padella antiaderente e in tal caso sarà sufficiente imburrare solo la prima volta.
La prima crepe non sarà certamente un granche'; non fatevene una colpa. Come diceva sempre il padre di un amico "la premiere est pour le chien" ("la prima e' per il cane"); la padella ha bisogno di raggiungere la giusta temperatura e il burro di ripartirsi nella giusta quantità sulla superficie.
L'ideale sarebbe mangiare le crepe man mano che sono pronte il che può non essere pratico, specie per il cuoco. Se decidete quindi di prepararle tutte, abbiate cura di impilarle tutte in un unico piatto; si terranno almeno tiepide anche se si afflosceranno un po'.
Cosi' servite sono pronte per essere riempite a gusto personale con marmellate, nutella, frutta e tutto quanto può venirvi in mente e magari una spolverata di zucchero a velo o cacao in polvere per finire.